lunedì 21 marzo 2011

Forse



Non per me.
Il suono lontano di un piano in solitudine,
ma presente come fosse qui.
Non per me.
Il cono di luce ambrato di un lampione sull’asfalto bagnato,
compagnia ad ore di carta straccia dimenticata sulle panchine.
Non per me.
La vernice che colora le dita,
rifugio stanco di residui di vita dipinta sul sorriso di un clown.
Non per me.
L’aria calda che diventa corrente
e chiude la parentesi di un ma, diventando punto.
Non per me.
La lampo abituata a chiudere il violino nella stoffa rossa,
carico vitale di un artista che alla strada ha detto di si.
Non per me.
Le scie colorate della città,
che statica rimane nell’obbiettivo di una lunga esposizione.
Non per me.
La linea curva dell’orizzonte,
che senza passi ti precede e ferma l’inutile corsa, rimanendo distante.
Non per me.
Un chilo in più sulle spalle ed il bluff della discesa,
inutile scorciatoia della via più veloce, ma chiusa.
Non per me.
La luce bianca della luna piena,
silenziosa manifestazione d’orgoglio nel nero fermento della notte.
Non per me.
L’ora di ritardo che anestetizza la partenza,
chiaro rimando ad una scelta priva di coraggio.
Non per me.
Vestirei i tuoi pensieri con pelle nuova,
per inalterarne la superficie e lasciarli vivere sul tuo viso.
Non per me.
Asciugherei le tue mani dalla grandine del tempo,
che lisce darebbero ancora coraggio al presente.
Non per me.
Inseguirei sorridendo il mio nemico,
dandogli ancora un ultimo tentativo per rimanere tale.
Non per me.
Mi vestirei ancora da me,
invulnerabile attesa alla risposta di ogni sera, non così convincente.
Non per me.
Rimanderei in circolo il mio fluido migliore,
e ad ingranaggio viziato darei ancora vita, sentendone scopo.
Non per me.
Sarei vento a ripulire i tuoi passi silenziosi,
di feltro sussurrati nel rumore dei miei stati.
Non per me.
Sarei mare pronto a ripetersi all’infinito,
a levigare ogni spigolo restituendolo al tatto.
Non per me.
Sarei fuoco a fondere la più preziosa delle tue pietre,
rendendomi l’unica.
Non per me.
Sarei terra scura a sfondo nei tuoi panorami,
presente stabile di ogni tuo percorso.
Non per me.
Traccerei cerchi nel cielo,
insieme che ci rende centro ed immagine per non distinguere inizio e fine.
Non per me.
Ma per te.
Forse.


domenica 6 marzo 2011

Come se


Come se il tempo fosse uno stato d’animo assente e lontano.
Come se le pieghe fossero piani e le curve prive di prospettiva.
Come se non ci fossero riflessi
ed i specchi non fossero immagine di quello che hanno davanti,
ma uno spazio che continua da quello che hanno dietro.
Come non ci fosse gravità.
Come se la sabbia volasse ed il cielo fosse marea a terra
ed il mare non avesse onde e fosse bianco privo di moto.
Come se il suono non avesse udito
e le corde fossero tutte libere e potabili.
Come se l’acqua fosse sporca e non avessi sete
e le crepe non fossero conseguenza di una sterile aridità
ma fondamenta fertili di una vita priva di conversione.
Come se lo strappo cucisse e non fosse punto di rottura.
Come non ci fosse più porosità
ed il liquidi galleggiassero come sul vetro.
Come non ci fossero frammenti
ma solo identità distinte, coscienti e logiche.
Come se le pagine rimanessero bianche
e non ci fossero pensieri a renderle merito.
Come se le tue labbra fossero spine
ed i tuoi capelli fili d’acciaio legati ai miei tendini viziati
ed i tuoi occhi fossero argento vivo che parlano di ciò che voglio
e le tue parole fossero solo verbo all’infinito
ed il tuo sangue fosse nero inchiostro nei miei desideri
e la tua pelle fosse solo fumo scuro tra le mie avide dita
e l’aria che respiri di piombo freddo sulla mia bocca
e non ci fosse fiato sotto sforzo,
ma solo polvere maleducata che si posa dove vuole,
senza alcuna contaminazione.
Come se bruciassi ancora,
come me.
Come fossi ad un passo.
Come se il problema fossi tu.

Muro

Questo discorso non è del tutto remunerativo, quindi, per forza di cose, adesso, troverò una soluzione a questo problema, se così si può chiamare.
La libreria in questione deve essere sollevata da terra di circa 60 cm.
Userò le barre d’alluminio per fissarla al muro, con dei tasselli da 12, 15 per barra, per un totale di 45 tasselli.
Fisserò su base e cappello le barre d’ancoraggio, seguendo la venatura del legno, in modo da non spaccare.
Ho una profondità sufficiente per usare viti 5x50, mi garantiranno un ancoraggio sicuro e pulito.
Considerando che un singolo tassello dovrebbe sopportare uno sforzo di circa 20 kg…il peso sarà minore del loro massimo carico consentito.
Porterò dei spessori di diversi mm per assecondare le possibili pendenze della parete ed arginare così il fuori squadro.
Una livella sarà necessaria.

R “smettila di fissarmi, non ho tempo ora”
B “potremmo parlare dell’onda d’urto”

Non porterò la resina, anche se il muro non dov’esse essere perfetto, le possibilità che su 15 tasselli 5 non tengano mi garantirebbero comunque l’ancoraggio.

B “o vuoi che ti illustri semplici nozioni di fisica di base, così da buttarlo giù quel muro”
R “non è di quel muro che sto parlando”

Arrotondando per difetto, non devo scendere sotto gli 8 tasselli per barra.

B “ma è quello il problema, o no…”
R “vorrei sapere cosa cazzo ti ridi. Lasciami lavorare”
B “idiota, sei tu che non ti lasci lavorare”
R “sei tu che mi stai pizzicando il cervello”

Porterò il frullino, per tagliare le barre a misura e nasconderle così dietro la struttura.
Le barre non mi daranno possibilità di regolazione, quindi partirò con quelle a muro, fissandole a bolla, se il soffitto dov’esse essere irregolare recupereremo con le mostre.
È un compromesso da accettare.

B “mi dispiace ragazzo, la vita non è un lavoro che si impara vivendo. Tu puoi impararti vivendo, ma non esiste callo.
È molto semplice: azione – reazione, tutto qua.”
R “insomma che cazzo vuoi, eh? Lasciamo perdere.”

Prepariamo gli attrezzi.

B “sai qual’è il miglior antidoto al veleno? Altro veleno.
Lo stesso veleno.
Ti saluto bello.”

martedì 1 marzo 2011

Alchimia dell'olfatto




"Aspetta qui, vado a versare l'assegno, se arrivano i vigili sposta il motorino"
"Ok"
Piove.
La pioggia cambia i normali atteggiamenti di tutte le persone, li accentua.
Una ragazza passa con una borsa sulla testa, non vuole che quella goccia di pioggia fredda vada a finire proprio lì, sul collo, scendendo tra le scapole sulla schiena, dandoti i brividi.
Un uomo di mezza età passa con aria da fare, la sua 24ore di pelle marrone, il suo cappotto in tinta (non a caso) ed un ombrello forse da una 50ina di €...non ha un viso rilassato.
Tre operai attraversano il vicolo per andare ad un bar, quella sembra l'aria, non curanti della pioggia, in abiti da lavoro, sporchi di gesso e stucco, vernice sulle scarpe, sorridenti.
Un motorino passa a velocità tra i sampietrini, i passanti al suo passaggio si accostano al ciglio della strada, per paura di essere annaffiati dai schizzi delle pozzanghere.
Un auto blu.
Una commessa pulisce con cura l'entrata del negozio in marmo bianco, non ci devono essere orme sull'entrata.
Non ci sono clienti all'interno, un uomo ben vestito, probabilmente il principale, le indica il vetro, forse ha visto un alone, meglio pulirlo, l'immagine è tutto.
Un ragazzo parla al cellulare, capisco solo poche parole, ma "esonero" mi di dice che è uno studente, avrà circa 25 anni, diventerà commercialista credo.
L'acqua continua a scendere, bagna la parte alta dei palazzi, scivola sulle sue facciate formando tanti rivoli verticali, che alimentano pozzanghere.
Là dove incontra un ostacolo gira, entra nelle crepe dei muri gonfiandoli, allarga il legno delle persiane e intacca i cancelletti in ferro, che col tempo arrugginiscono.
Inevitabile consuetudine del tempo.
Via delle Copelle 24.
All'improvviso, le finestre dei palazzi si girano su se stesse, mostrando al loro posto dell'erba verde, anche i mattoni degli edifici, anche i sampietrini, anche la facciata dei negozi, le macchine, i passanti, le edicole, le panchine, i tavolini, le insegne, i manifesti, i lampioni,  tutto, ogni singola parte si capovolge, cambia facciata come un cubo di rubik, sempre più velocemente, mostrandomi la terra, la mia terra, piena di rigogliosa natura, sotto ad un cielo terzo, blu.
In un istante, tutto sembra rallentato.
Sento il profumo del suo vento, ed io che ci cammino dentro.
"Eccomi, m'hanno fatto aspettà un cifra, sbrighiamoci che dobbiamo tornare in falegnameria in 20 minuti!"
Trattienila.
"Ok"
Trattienila.
"Ogni volta pe cambià un assegno le ore"
Trattienila, cerca un modo per non lasciarla, conta, tienila nello stomaco.
Via delle Copelle 24. 24.
24, le ore del giorno
23, come quelle in cui starei sveglio
22, i miei anni sereni
21, i centesimi dell'ultima telefonata
20, come le sigarette che fumavo
19, il mio interno
18, illusione della libertà, tanto attesa
17, l'ora di chiusura
16, se dici ma non fai
15, i sigari che fumo
14, le volte che ho visto Taxi Driver
13, il mio vecchio odiato turno al mac
12, le persone che ho visto camminare fuori la banca
11, i mesi che avevamo passato insieme
10, come le dita con cui sfioravo i tuoi capelli
9, i semafori incontrati fin ora
8, la palla da biliardo più bella, e la più difficile
7, la sveglia
6, le alternative alla solita strada
5, i minuti che ho impiegato a scrivere
4, i giorni che aspetto da lunedì
3, l'ossessione
2, me
1, come te...come nessuno
0, le volte che ti ho detto che si poteva provare, magari, ma che non ti ho detto.
0, come il cerchio, senza inizio, senza fine.
0, non c'è domanda più inutile se non si vuole la risposta.
0 perchè.
Trattienila.