domenica 11 dicembre 2011

Silent horizon


Quando entrai in acqua accarezzai la sua superficie con le mani, e mi lasciai trasportare dal suo moto.
Chiusi gli occhi e sincronizzai il mio respiro con il suo.
Il suono delle sue onde riecheggiava tra i rumori dei miei stati, ed il vento soffiò via i fogli dei miei pensieri.
Diventai parte della sua armonia.
Quello che avevo tra le mani, in quel preciso istante, era la completa e piena coscienza di me stesso, come persona, come uomo.
Trattenni il fiato e la lasciai vivere dentro di me.
Quando ripresi a respirare tornammo liberi insieme, nell'aria, e mentre mi nutrivo del suo naturale equilibrio mi lasciai travolgere dalla sua pace immensa.
E dalla mia.

lunedì 5 dicembre 2011

Black Pool Match - #3



È tutta una questione di scie. Ognuno di noi lo è.
Ognuno di noi traccia un percorso, e ne lascia una scia al passaggio. Alcuni di noi hanno una scia luminosa e breve, passano in fretta e lasciano poco tempo per la messa a fuoco.
Altri passano più lentamente, seppur la scia sia meno luminosa e brillante rimane costante nel suo tempo e si dissolve più lentamente.
E poi ci sono scie, quelle scie, che rimangono brillanti per tutto il loro lento passaggio, offuscando le altre.
Non c’è una messa a fuoco giusta, non c’è una scia migliore di altre, quello che fa la differenza è solo la nostra messa a fuoco, quello che si vuole trasmettere, quello che si vuole evidenziare, quello che si vuole dire.
Lei era una di quelle scie e questo  Press lo sapeva. Sapeva che se si fosse soffermato su quella scia avrebbe automaticamente perso tutte le altre. Ma ormai aveva deciso e solo lei valeva più di tutte le altre scie. Quella era la foto giusta per lui, la giusta messa a fuoco, l’inquadratura giusta tra altre mille.
Il pensiero gli lacerava il cervello.
Finì la sua birra e mise il suo live preferito dalla prima traccia. Echoes suonava dolcemente tra le mura del suo soggiorno lievemente illuminato. Mise una mano in tasca e tirò fuori il suo morbido pacchetto di sigarette. Infilò il dito, niente, neanche una, finite.
Infilò la mano nella tasca del giubbotto di pelle, vuota.
Cercò nel cassetto della libreria, nulla.
Infine controllò sul tavolo, nel vassoio grande vicino ai piatti del giorno prima: bollette, multe, vari memo, un paio di accendini, bracciali, anelli, una foto, uno scontrino del Burger King, le chiavi di casa, una prevendita con omaggio del Black Pool, 3 dollari e 75 cent, un plettro, una chiave sfusa, un barattolo di aspirine, una caramella al mirtillo, due gettoni per il telefono, il numero del pronto taxi, le chiavi dell’auto, un buono carburante.
Niente sigarette.
Prese la foto di Mary dal vassoio, si diresse in cucina e girò le dita nel posacenere pieno in cerca di un mozzicone lasciato a metà. Raddrizzò la cicca con le dita e diede fuoco.
Dopo un paio di avidi tiri il mozzicone finì, e diventò rovente tra le dita.
Aprì il frigo e prese un’altra birra. Tagliò un pezzo di stagnola dal cassetto della cucina e si mise sul divano.
Dal giubbotto di pelle tirò fuori la sua pipa di vetro, la pulì con un pezzo di fil di ferro che aveva sul tavolino davanti al divano. Poi dal portafogli prese un incarto di cellophane che conteneva una pallina d’oppio, la mise sul foglio di stagnola e diede fuoco. Non appena la pallina si riscaldò iniziò ad emettere un denso fumo bianco, Press mise la pipa in bocca e tirò più volte fino a far arrivare il fumo nei polmoni. Lo trattene a lungo e lo sputò fuori lentamente. Lasciò tutto sul tavolino e si sdraiò sul divano, con la foto di Mary tra le dita. Chiuse gli occhi e si lasciò andare tra i riff elettrici della sua band.
Il suo cervello lo portò nel mezzo di un’autostrada. La pioggia scendeva velocemente ed i lampioni illuminavano appena le carreggiate con un lieve cono di luce ambrata.
Era solo, nel mezzo della linea tratteggiata. Le macchine sfrecciavano veloci ed i suoni dei clacson sparivano in un attimo tra mille echi.
L’acqua scendeva sopra la sua testa, lungo il suo giubbotto di pelle, fino alle dita delle sue mani. Nella destra teneva stretta la sua 38, con un solo colpo, perché non aveva bisogno di altro. Un colpo, un solo colpo, e avrebbe messo fine a tutti i suoi pensieri. Un solo colpo e sarebbe stato finalmente libero, un solo colpo e avrebbe ricominciato a respirare. Un solo colpo per sotterrare tutti i suoi problemi, un solo colpo per la sua più grande ossessione.
Nox gliel’ aveva portata via.
Se non poteva essere sua, non doveva essere di nessun’altro.
Un solo colpo, per Mary.

giovedì 1 dicembre 2011

Money


C'erano da montare 34 porte in un giorno, complete di mostre e ferramenta.
Partimmo la mattina presto in tre, alle 8 già avevamo i ferri in mano, ce ne andammo alle 8 di sera.
Il giorno dopo tornai da solo per finire.
La mia attrezzatura: cassetta degli attrezzi, cassetta delle viti, avvitatore berner con mandrino da 14, avvitatorino berner, trapano makita, tassellatore makita, seghetto alternativo makita, multifunzione berner, circolare da banco, troncatrice bosch, zeppe e spessori, prolunghe, silicone a profusione.
Con tutto quello che ho potrei scatenare una guerra, e se mi fermano con il mio coltellino da funghi capace che rompono il cazzo.
Iniziai a lavorare di mattina presto, una pausa caffè intorno alle 10 e poi giù di continuo.
In lontananza si avvicinò un operaio con un caffè in mano.
"Tieni"
"Grazie amico, ma che ore sono"
"Le 2, non mangi?"
"No" gli faccio "ormai no, prendo il caffè e mi fumo una sigaretta, non voglio andare via tardi come ieri...Tu da dove vieni"
"Romania" mi risponde con tono basso
"Romania dove"
"Sibiu"
"Sono stato in Romania diversi mesi, per lavoro. Ti manca il tuo paese?"
"Si guadagna troppo poco, 300, 500"
"Dai vieni fuori, fumiamo una sigaretta seduti"
"No, non c'è tempo"
Tornò a lavorare subito, mentre io mi presi un minuto su una sedia di fuori.
Misi Money in sottofondo dallo stereo della macchina, e accesi la mia sigaretta.
Era una bellissima giornata, cielo sereno, gli alberi erano immobili, non tirava un filo di vento, si stava in felpa.
Davanti a me passò una giovane mamma con la bambina a seguito. Portava un passeggino e dentro c'era una cartella, la figlia camminava vicino a lei con una stella di natale tra le mani.
La donna mentre passò mi diede uno sguardo e sorrise, io contraccambiai.
Mentre andavano via osservai l'allegro camminare della bambina, tutta presa da quella stella fatta in classe.
Pensai alla favolosa scopata della notte prima, ai suoi seni duri e ai suoi sospiri, a quei ricci che toccavano il mio viso, alle contrazioni del suo stomaco sotto le mie mani, ai suoi occhi sbarrati che mi fissavano per poi richiudersi piano, alla sua schiena nuda.
Il sole stava tramontando ed io avevo ancora tanto lavoro da fare.
Come passano in fretta le giornate.